Relazioni sulle Passeggiate al Contrafforte di Livergnano - 2015
Domenica 14 Giugno
I FOSSILI DEL CONTRAFFORTE
Loris Arbati
Partenza dalla Piazzetta di Livergnano alle ore 9. Siamo in 27 ed oggi sono particolarmente lieto di aver con noi l’amica proff.ssa Claudia, Geologa dell’Università di Bologna che ci ha fatto la cortesia di accompagnarci ed illuminarci lungo questa passeggiata dedicata ai fossili del Contrafforte Pliocenico.
Innanzi tutto prima di partire ci mostra del materiale cartaceo ed alcuni interessantissimi reperti fossili raccolti in zona oltre a darci tutte le informazioni tecniche neccessarie per affrontare al meglio la camminata.
Imbocchiamo la via di Bortignano che, prima costeggia sulla sinistra la base del Contrafforte e poi gli corre in cima, facciamo la prima tappa dopo aver preso un sentiero che percorre il crinale di Monte Rosso dove sono presenti le prime formazioni fossili. Claudia dopo aver descritto l’area, destando vivo interesse, viene innondata da domande a cui risponde in modo esaustivo.
Riprendiamo da strada sterrata e, incrociando alcuni malmessi Ciliegi selvatici, faccio notare che è il secondo anno che alcune piante di questa specie nel momento della fruttificazione (tra l’altro scarsa) accartocciano e seccano le foglie come ad autunno inoltrato. Ricordo ai compagni di viaggio che anche le Roverelle ormai de circa un decennio non sono tutte in salute. Dai pochi esemplari che, da fine giugno, seccavano tutto l’apparato fogliare e, difendendosi, anticipavano la dormienza invernale, cessando la fotosintesi clorofilliana, si è arrivati ad oggi con un aumento considerevole di piante “malate”. Che malattia sia non ci è dato sapere ma già da allora, guardando attentamente, riscontrai che queste querce presentavano attacchi parassitari su alcuni rami. Questi parassiti formano una specie di baccello legnoso, grande da una noce fino ad un uovo, oppure un “riccio” delle stesse dimensioni (tipo involucro che contiene i frutti del castagno) con aculei morbidi. Risultato: dalle poche querce di allora si è giunti alle tante di oggi con la gran parte dei rami intaccati dai questi parassiti.
Non è niente! Facciamo di nuovo spalluccie ed aspettiamo che si arrivi al punto di non ritorno: “colpo di fuoco” del Biancospino (non più commerciabili in Emilia Romagna), la “grafiosi” dell’Olmo che appena raggiunge la maturità muore, il “punteruolo” delle Palme, la “vespa” del Castagno, l’anonimo parassita dell’Olivo e chissà cos’altro colpirà il nostro scassato ecosistema.
Quanto ancora dovremo pagare al progresso e alla globalizzazione?
Ripassiamo davanti ai poderi Antaneto e Bortignano e arriviamo a Poggio dove facendo una piccola deviazione troviamo una interessante e ricca formazione fossile ancora vergine poiché al di fuori degli itinerari tradizionali.
Ritorniamo sulla strada principale e, dopo qualche centinaio di metri, troviamo un’intera parete di arenaria ricca di interessanti reperti e crepe dove il passaggio costante dell’acqua ha creato delle interessanti formazioni calcaree. E pensare che per diversi anni, dopo l’ultimo conflitto, veniva utilizzata come cava di ghiaia da usare per la ricostruzione del paese.
Nel transitare da Casola facciamo una sosta ristoratrice sotto un monumentale Tiglio che, accogliendoci tutti insieme sotto i suoi maestosi rami ricchi di profumatissimi fiori e relative api, ci riconciglia con la bellezza e la maestosità della natura.
Dopo 500 mt di sentiero verso nord troviamo l’ennesima formazione rocciosa anch’essa ricca di reperti marini vecchi milioni di anni alternati ai fiori annuali di Camomilla, Echillea, Verbena, Malva e qualche Papavero rosolaccio. Tutto l’insieme ci fornisce un’interessante motivo di riflessione sul come la natura riesca, con grande fatica a causa dell’uomo, ad equilibrare sempre tutto (vecchio con giovane).
Prendiamo un sentiero a destra, che si inoltra nel fitto bosco di Castagni, Carpini, Aceri, Lecci, Ginepri ed Erica per circa 2 km, particolarmente ricco di animali selvatici e quindi di predatori: Volpi, Faine, Donnole e anche Lupi, da me avvistati più volte. È giorno, siamo numerosi e parecchio rumorosi, quindi difficilmente si può fare qualche incontro interessante, ci rimane solo da classificare, grazie all’umida sabbia del sentiero, le orme del Lupo che, in base alla loro profondità, si può calcolare sia la dimensione dell’animale chel’andatura, se rilassata o all’inseguimento di prede.
Lungo il sentiero o nelle immediate vicinanze si possono anche notare le peste, a volte tranquille a volte meno, di Caprioli, Daini, Lepri o Fagiani. Mentre per altre prede del Lupo: Istrici o Tassi, notiamo, oltre alle peste, i loro escrementi (dai quali si desume di cosa si siano nutriti nell’ultimo pasto), i loro “scavi” notturni in cerca di Lombrichi, Lumache o radici (essendo entrambi onnivori). Queste “lavorazioni” nel terreno si differenziano da quelle dei loro cugini Cinghiali per estesione e profondità che vengono effettuate come vangassero, spingendo e rivoltando in avanti il terreno. Anche il Tasso “sgrugna”, esattamente come il Cinghiale, ma opera in un’area più contenuta , mentre l’Istrice zappa la terra raspando all’indietro il terreno, effettuando però un numero maggiore di buche di circ. non oltre i 20/30 cm.
Il silenzio scende nel gruppo nella speranza di individuare qualcosa muoversi tra le foglie ma, a parte Lucertole, Ramarri e qualche Biscia che fa la cura del sole, non facciamo incontri significativi. Un po’ delusi, prometto di guidarli, a piccoli gruppi però, alla ricerca degli animali selvatici in inverno quando la diversa condizione del bosco permetterà una visuale migliore.
Usciamo dal sentiero al margine di un campo che è stato lavorato nell’inverno e dove l’erba medica stenta a crescere. Questa lavorazione ha permesso a tanti fossili di affiorare in superficie per la gioia dei presenti.
Ci immettiamo sulla via Sadurano, sotto un cielo plumbeo che non promette nulla di buono, prendiamo a destra, e dopo 1 km ca., per un lungo tratto, costeggiamo alcune rocce dove la Claudia ci fa notare che le formazioni dei sassi, presenti nell’arenaria, formano un movimento ondulatorio dovuto proprio alle correnti marine. Attaversiamo con passo svelto i poderi: Sassi, Cà di Parisio, Sadurano e per ultimo il Casetto. Sbuchiamo infine sulla S.P. della Futa e dopo 300 mt raggiungiamo Livergnano qualche minuto prima che si scateni un bel temporale, fonte di gioia per le piante e gli animali.