Relazioni sulle Passeggiate al Contrafforte di Livergnano - 2015
Domenica 17 Maggio
IL CONTRAFFORTE E LA LINEA GOTICA
Loris Arbati
Partenza alle ore 9 dal centro di Livergnano. Siamo in 20 e ad assistermi ho chiamato l’amico Claudio appassionato di reperti bellici oltre che conoscitore di quanto è avvenuto durante l’ultimo
conflitto nelle nostre zone. Iniziamo dicendo che il nostro paese è stato vittima di 7 mesi di guerra, ed è stato completamente raso al suolo ma, soprattutto, ha avuto un numero di vittime civili
molto elevato oltre a un numero imprecisato di vittime militari di entrambe le fazioni (tedesca e americana).
Il Contrafforte per la sua conformazione ha favorito la ritirata dei tedeschi allungando fino a 7 mesi il tempo occorso agli americani per occupare Livergnano. Come dicevo il baluardo naturale del Contrafforte ha avvantaggiato i difensori, che hanno sfruttato appieno tutta la “groviera” di grotte, scavate dai locali per rifugiarsi dai bombardamenti e dai cannoneggiamenti, utilizzandole come postazioni difensive. Questa parte del Contrafforte che si allunga verso nord/ovest ha due strade che corrono l’una, via della Chiesa, sulla dorsale mentre l’altra, via dei Gruppi, al piede della catena. Entrambe le vie sono ricche di caverne scavate dai residenti che, nel dopoguerra, le hanno poi riutilizzate: via della Chiesa ricostruendo, al loro interno, le proprie abitazioni usando quindi l’intera cubatura della grotta e formando le caratteristiche “case nella roccia”. Mentre quelle site in via dei Gruppi vennero, da subito, adibite all’alloggiamento di tutte le varietà di animali da cortile.
Ci incamminiamo lungo quest’ultima via tenendo il contrafforte sulla destra tra profumi di fiori d’Acacia e Ginestra che, mescolandosi alla Salvia e all’Erba viperina, creano una gradevole mescolanza che varia metro dopo metro. Non meno incantevoli sono le Orchidee in varietà che con i loro intensi colori rallegrano il paesaggio. La diversità di esposizione (nord/ovest) rispetto alla camminata precedente (sud/est) esclude la presenza delle specie mediterranee ma favorisce quelle continentali: Roverella, Pioppo bianco e nero, Salice in varietà, Carpino bianco e nero, Gelso bianco e nero, Frassino maggiore, Olmo, Ontano, Sambuco nero, Viburno, Rosa canina, Biancospino, Evonimo, Corniolo e Nocciolo. Si nota anche un numero più limitato di animali selvatici, rispetto all’area di sud/est del Contrafforte, essendo queste aree mediamente più fredde ma soprattutto più trafficate dall’uomo poco sgradito dalla fauna selvatica.
Transitiamo dai poderi Croara, Capanno, Casalino e Gruppi, costeggiamo la sinistra del Rio Torbido tra un tripudio di varietà di Salici: bianco, caprea, viminalis, eleagnos, triandra e cinerea, sbucando sulla fondovalle del fiume Savena. Il nostro sguardo va alla ricerca di qualche traccia della vecchia Chiesa di Sant’Ansano, proprio di fronte a noi, ai piedi del Borgo di Brento, ma purtroppo invano perché ormai completamente invasa dalla vegetazione. Ci godiamo comunque la catena del Contrafforte con Monte Adone con la sua conformazione a testuggine.
Svoltiamo a destra lungo la fondovalle e attraversiamo il bivio che porta al podere Tianello, dove venne fucilata dai tedeschi un’intera famiglia accusata di collaborazionismo. Imbocchiamo poi una cavedagna, molto ben tenuta dall’amico Marco, che si inerpica tra boschi di Roverelle, Frassini, Aceri e Carpini prima bianchi poi neri che, grazie alla sua passione per il mantenimento e la pulizia dei boschi, si sta naturalmente trasformando in un (oramai raro) bosco d’alto fusto dove rimangono solo le specie autoctone che escludono naturalmente le Acacie e gli Ailanti (specie infestanti).
Attraversiamo le rovine del podere Pulnè e, con rammarico, non possiamo prendere il sentiero che porta all’amena grotta naturale detta “campo di Menta” causa l’impraticabilità per frane e relativa caduta di piante di grosso calibro. Questa caverna di dimensioni ragguardevoli è frequentata solo da animali selvatici ed anfibi anche rari che, grazie alla lontananza dall’uomo, possono vivere abbastanza serenamente. Proseguiamo lungo la cavedagna apprezzando il buon uso dei contributi comunitari (premi per chi toglie dall’agricoltuta intensiva terreni coltivati per adibirli a bosco), utilizzati in questo caso in modo tecnicamente ed ecologicamente giusto, creando fasce boscate con specie autoctone che favoriscono la nidificazione e la difesa della fauna oltre al bell’impatto visivo che interrompe la monotonia del coltivato. Giungiamo a Cà di Luca, podere gioiello ben curato dove l’ospitalità della proprietaria non difetta di certo in gentilezza. Decidiamo quindi cammin facendo di aggirare il balzo dell’Olla (così chiamata perché in cima forma un recipiente naturale, olla, che si riempe ad ogni pioggia) prendendo a destra dove un sentiro fa da spartiacque tra la produzione di tartufo (fungo ipogeo che sviluppa in terreni basici) e la produzione di porcini (fungo epigeo che sviluppa in terreni acidi).
Nelle due camminate che faremo in autunno dedicate, una ai funghi ed una ai tartufi, spiegherò, l’importanza che hanno i terreni, in base alla loro acidità, per la produzione di funghi e tartufi e come fare per individuarli senza i reagenti chimici. Ritorniamo al nostro sentiero che ci porta ai Lamazzoli da dove parte il camminamento per il balzo dell’Olla primacitato di alt. mt 476 s.l.m.. Il tempo di ammirare l’esteso panorama, di fare qualche foto, e si riprende la marcia facendo una piccola deviazione che merita una visita: il “Luogo del Pensiero” in località Scortavacca dove l’amico Camillo ha creato un’oasi talmente bella e ben curata che faccio fatica perfino a descriverla, non saprei proprio da dove iniziare.
Confortato anche lo spirito giungiamo in località Castello (antica luogo citato anche dal Calindri nella sua Enciclopedia del 1700). Questo ridente borghetto posto proprio sul crinale, che da un lato guarda Bologna ed oltre fino alle Alpi Venete, dall’altro la catena dell’Appennino Tosco-Emiliano con i monti Cimone e Corno alle Scale. Stiamo percorrendo via della Chiesa e, prima di scenderla verso il paese, spero che lo sguardo del gruppo non vada sulla valle sottostante dove insiste, un’offesa agli occhi, un morso, una ferita al fantastico panorama naturale, come fosse una pennellata di vernice bianca di un pazzo su di un dipinto del Canaletto: le cave di Scascoli.
Quanto ancora dovremo pagare al progresso e alla globalizzazione?
Scendiamo costeggiando a sinistra, le famose case nella roccia che visitiamo direttamente entrando nel Museo di guerra “Winter Line” ubicato proprio all’interno di una grotta che, gli amici Patrizia e Umberto curano magnificamente da decenni, ed è ricchissimo di reperti bellici di entrambi gli schieramenti. Posso solo dirvi che tutte le volte che entro nel Museo non c’è volta che non mi provochi un’emozione particolare, un disagio, un dolore, sapere che tutti quegli oggetti così ben presentati, catalogati, sono stati utilizzati da esseri umani (vivi o morti chi lo sa!) che sicuramente avrebbero voluto tener in mano ben altro: una penna, un badile, un forcale, una sega, un martello, un libro…..