Bortignano
Vi si giunge da Livergnano imboccando la ripida strada che da Bortignano prende il nome, da cui dista un paio di chilometri. Sulla destra della facciata, c’è un grande e secolare esemplare di
cipresso alto circa 20 m. con una circonferenza di 3 m.
Il Calindri su Livergnano scrive: “Ha nel suo distretto l’Oratorio di S. Maria di Bortignano, già parrocchia e Convento dei PP. Carmelitani della Congregazione di Mantova, soppresso nel 1652, e a
non molta distanza vi è un ‘Ospedale’ pè pellegrini”. Nel 1782 i Carmelitani di S. Martino di Bologna, come riferiscono il Muzzi ed il Della Casa, vi ritornarono.
Il Della Casa scrive: “Nel territorio di Livergnano esistevano tre Chiese, che meritano un cenno (Bortignano, l’oratorio di S. Parisio, e l’oratorio di S. Pietro dell’Ospedale, distrutto dalla
guerra).
Una chiesa che un tempo fu fiorente ed ha molte memorie si chiamava S. Maria di Bortignano. Era situata nel confine di Gorgognano e, fino a metà del secolo XV appartenne al suo plebanato. Nel
1451 Giovanni Lojani la donò ai PP: Carmelitani di S. Martino di Bologna, riservandone a se stesso e à suoi eredi il giuspatronato. Venuti i Carmelitani, la chiesa di S. Maria di Bortignano venne
frequentata da molti fedeli, i quali pregarono i Padri di conservare il SS. Sacramento a loro vantaggio spirituale. Nel 1599 i Carmelitani, coll’ordine di Mons. Alfonso Paleotti, arcivescovo di
Bologna, assunsero la cura delle anime.
Questa chiesa, per la pietà e l’affluenza dei fedeli di Gorgognano e di Levergnano, addivenne Parrocchia.
I PP. Carmelitani continuarono la cura delle anime fino al 1652, come si rileva dai loro libri parrocchiali. In tale anno essi per obbedire al decreto pontificio “Instaurandae regularis
disciplinae opus” di Innocenzo X, dovettero abbandonare il Convento e la Parrocchia di S. Maria di Bortignano, che aveva pure cimitero proprio. Non passò molto tempo prima del loro ritorno
graditissimo, e vi rimasero fino all’infausta soppressione napoleonica”.
La chiusura dell’oratorio impose il trasporto delle suppellettili sacre in parrocchia, compresa l’antica e venerata Immagine della Madonna del Carmine risalente certamente al 1600, di cartone
romano, perduta durante l’ultima guerra.
In alcune note dattiloscritte(Arch. Parrocchiale di Livergnano ) da don Giovanni Battista Sfondrini parroco a Livergnano durante il conflitto ed i combattimenti (1944-45) si legge che, recatosi
qui, tra una cannonata e l’altra, a vedere cosa fosse successo nella sua chiesa, constatò che la Immagine della Madonna del Carmine era stesa sull’altare tutta sforacchiata: non erano buchi da
schegge, ma ferite da coltello o da baionetta.
Altro avvenimento importante fu la chiusura del cimitero parrocchiale, che si presume sia avvenuta nel tempo stesso in cui definitivamente chiuso l’oratorio, traslata la statua di Maria e tolto
ogni segno sacro. Unico segno rimasto è l’antica campana, datata 1736, ora ricollocata nel suo campaniletto a vela. Distrutto nel 1945 ma ricostruito nel giugno del 1990 da Giuseppe Dalmastri. Il
Della Casa ne fu testimone: "E’ in occasione dell’apertura delle tombe del cimitero di Bortignano, cui io assistii, che alcuni ignoranti e stolti quorum infinitus est numerus malignarono sul
conto dei poveri frati, che vi avevano avuto dimora, perché in quelle sepolture si rinvennero cadaveri anche di donne".
La storia mette a posto le cose col dimostrare che a S. Maria di Bortignano, essendo stata parrocchiale, vi si seppellirono tutti i parrocchiani di quella curia. E siccome anche le donne sono
mortali, così venivano tumulate in quel cimitero dopo la morte. (Cfr. Lib. Dei morti della parrocchia di Bortignano, presso Arch. Parr. Di s. Martino di Bologna). Gli attuali proprietari hanno
intrapreso con molta umiltà ed amore a risistemare quel tesoro. E’ bastato rispettare l’esistente e far pulizia, per cui son ritornati in evidenza i vecchi muri, gli antichi travi della chiesa
che, una volta puliti, hanno mostrato la loro antica patina, alcuni fregi pittorici, i luoghi devozionali dov’erano posti le Immagine della Madonna ed il Crocefisso.
Si son trovate tavelle con incise sopra figure ingenuamente tracciate di Ostensori, calici con l’Ostia, forbici, galletti, cagnolini, ed in alcune anche impressioni a calco di mani di bambini
nonché alcune con su incisa la data 1529. Si può pensare che i mattoni e la calce fossero fatti e cotti sul posto. Sono stati portati alla luce affreschi di putti con rami di alloro e un’ultima
cena che erano stati nascosti nell’800 da controsoffitti in arelle e gesso.
È un’azione di recupero che va riconosciuta ed elogiata poiché si tratta di un luogo storico religioso da vedere e ammirare.